Un’idea che parte da lontano, ma che oggi diventa più attuale che mai: può l’uguaglianza tra esseri umani essere pienamente realizzata se continuiamo a moltiplicare categorie e definizioni? Oppure la vera libertà nasce quando smettiamo di dividerci in etichette?
1. Il punto di partenza: uguaglianza formale
La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani afferma all’articolo 1 che Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti
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La Costituzione italiana, all’art. 3, ribadisce che Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge
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2. Il rischio delle categorie
Molti studi hanno evidenziato come il moltiplicarsi di etichette e sottogruppi identitari possa, paradossalmente, rafforzare le divisioni anziché superarle.
La filosofa Linda Alcoff ha mostrato come la politica delle identità rischi di irrigidirsi in schemi, mentre la critica di Michael Sandel alla meritocrazia ci ricorda che l’enfasi eccessiva su differenze e classificazioni può generare nuove diseguaglianze.
3. Oltre il genere: uguaglianza sostanziale
Secondo Iris Marion Young, l’uguaglianza non si realizza attraverso la moltiplicazione delle categorie, ma nel riconoscimento concreto delle condizioni materiali che creano svantaggi.
Questo approccio sottolinea che ciò che conta non è se una persona appartenga a un genere o a un altro, ma se possa accedere realmente a diritti, opportunità e rispetto.
4. La voce delle istituzioni internazionali
Il Consiglio ONU per i Diritti Umani ribadisce che il fulcro della tutela dei diritti non è moltiplicare le categorie, ma assicurare che nessuno sia escluso dall’accesso universale.
Anche il Consiglio d’Europa insiste sulla necessità di superare barriere e discriminazioni, ponendo al centro l’individuo come essere umano, non come membro di un sotto-gruppo.
5. Conclusione: un’uguaglianza senza etichette
Questa visione non nega le disuguaglianze esistenti, né minimizza le lotte che molte persone hanno portato avanti per conquistare diritti fondamentali.
Piuttosto, afferma che il traguardo ultimo non può essere una società divisa in infinite categorie, ma una comunità dove ogni persona sia rispettata semplicemente in quanto essere umano.
Come sottolineava Amartya Sen, la vera uguaglianza è capacità di vivere una vita che una persona ha motivo di valorizzare, indipendentemente da etichette o classificazioni.
In definitiva, l’uguaglianza universale non ha bisogno di aggettivi o etichette: ha bisogno di coraggio, coerenza e volontà di guardare ogni individuo come fine e non come mezzo.