La violenza non ha genere
Proseguendo con la lettura la tua visione cambierà: scopriremo come il dibattito sul femminicidio, spesso concentrato sulla donna vittima di un uomo, rischi di oscurare altre forme di violenza domestica e relazionale. Questo articolo ti guiderà attraverso dati, fonti e proposte per un approccio davvero inclusivo.
Cos’è il femminicidio? Differenze di definizione
Il termine femminicidio è nato per denunciare la violenza strutturale contro le donne, ma la sua definizione varia sensibilmente a seconda delle fonti.
Definizione | Criteri principali | Fonte |
---|---|---|
Stretta | Omicidio di una donna “in quanto donna”, per motivi di genere | Statistiche Polizia e ISTAT |
Ampia | Include abbandono, sfruttamento di vulnerabilità, suicidi indotti | Osservatorio Non Una Di Meno1 |
Quando si adotta una definizione molto ampia di “femminicidio”, si corre il rischio di oscurare altre forme di violenza che meritano attenzione e riconoscimento. Non è corretto considerare i casi di abbandono, sfruttamento di vulnerabilità o suicidi indotti come femminicidi, poiché si tratta di problematiche sociali più ampie che non riguardano esclusivamente il genere.
Ad esempio, l’abbandono degli anziani è una questione che coinvolge uomini e donne. Se una donna anziana muore da sola in stato di abbandono, non si può parlare di femminicidio, perché non muore “in quanto donna”, ma a causa di un problema sistemico che colpisce tutti gli anziani.
Ecco perché i dati forniti dall’Osservatorio Non Una Di Meno1 devono essere presi con cautela. Non possono costituire una fotografia reale e completa del fenomeno della violenza relazionale.
Il problema della narrazione dominante
Gran parte dell’opinione pubblica associa la violenza domestica esclusivamente allo schema “uomo che agisce contro donna”. Questo riduzionismo ha conseguenze gravi:
- Uomini vittime di violenza psicologica e fisica vengono minimizzati o ignorati5.
- Persone LGBTQ+ non rientrano negli schemi tradizionali e restano senza supporto.
- Anziani e figli testimoni di violenza sono trattati come “casi sociali” e non come vittime dirette.
Perché serve un approccio inclusivo
Un modello che guardi alla dinamica della violenza piuttosto che al genere dell’aggressore può garantire:
- Ascolto e supporto a chiunque subisca abusi
- Servizi di protezione non discriminatori
- Prevenzione basata sull’educazione affettiva e relazionale
Dati italiani sul sommerso maschile
- Nel 2023, 143 uomini si sono rivolti al Centro “Oltre il Genere” per violenza domestica, tra cui abusi fisici e psicologici5.
- Secondo ISTAT, 3,6 milioni di uomini hanno subito molestie almeno una volta nella vita, con il 48% di casi solo psicologici6.
Esempi di centri e progetti inclusivi
- Cudav (Centro Uomini e Donne Autrici di Violenza): primo centro italiano che accoglie autori di violenza senza distinzione di genere1.
- Coop ha proposto l’educazione affettiva e relazionale come materia obbligatoria nelle scuole per prevenire ogni forma di violenza3.
Come trasformare il discorso pubblico
- Parlare di più di violenza relazionale che di violenza di genere.
- Creare standard di raccolta dati che includano tutte le vittime, indipendentemente dal genere.
- Formare operatori dei centri antiviolenza alla riconoscibilità di abusi fisici e psicologici in ogni contesto.
Risorse consigliate
- Guarda il podcast “Pro o Contro Podcast” su YouTube per storie e dati sugli uomini vittime di violenza:
Pro o Contro Podcast8. - Leggi l’articolo “La violenza non ha genere” su Avvenire/MSN:
1. - Consulta il Report 2023 del Centro “Oltre il Genere” per dati sui maschicidi e l’assistenza maschile:
5.
Conclusioni
Superare le divisioni di genere nel riconoscimento delle vittime non significa negare la specificità storica della violenza contro le donne. Significa, piuttosto, abbracciare un approccio più giusto e umano, dove ogni individuo in difficoltà trovi ascolto e protezione. Solo così potremo costruire una società davvero inclusiva e capace di prevenire ogni forma di violenza.